DDL Zan: elementi di riflessione dal Movimento Ecclesiale Carmelitano
E’ il tema della rassegna stampa quotidiana da mesi con spazi più o meno ampi sulle prime pagine delle testate nazionali più importanti. Considerato che l’argomento è di stringente attualità, pubblichiamo la nota sul ddl Zan che il Consiglio Generale del Movimento Ecclesiale Carmelitano ha redatto allo scopo di suscitare un nuovo impegno alla riflessione attenta e consapevole sulla realtà e sulla sua verità più profonda.
“Il Consiglio Generale del Movimento Ecclesiale Carmelitano, attraverso questa nota, intende offrire un contributo di analisi e di orientamento sui temi e sul dibattito relativi al Disegno di Legge Zan (DDL n. 2005). Riteniamo infatti che – mentre il confronto legislativo e pubblico è giunto ad un momento decisivo – ogni credente (e insieme ogni cittadino) debba interrogarsi sul senso della normativa proposta e sui valori che sono effettivamente in gioco.
Il fatto poi che questa riflessione accada in un tempo non facile come quello che stiamo vivendo (a motivo della pandemia), ci chiama ad uno sguardo ancora più profondo sulla realtà e, in
particolare, su tutto ciò che è umano. Uno sguardo che sia illuminato dalla fede, ma che sia sostenuto anche dalla ragione: è importante, infatti, che su tematiche simili siano offerti anche argomenti razionali, antropologici e giuridici, con i quali potersi confrontare con chi affronta il tema secondo una prospettiva non legata alla fede (come ad es. al livello legislativo).
TRE PREMESSE FONDAMENTALI
Prima di procedere ad ogni valutazione sul merito del disegno di legge, riteniamo quindi necessarie tre premesse di fondo, presentate qui di seguito in ordine di importanza.
★ IL VALORE DI OGNI PERSONA
Crediamo sia necessario ribadire la dignità sacra e non negoziabile di ogni persona umana e della sua vita: di ogni nascituro, sin dal primo istante del suo concepimento; di ogni bambino e di ogni
giovane (anche di quello più sbandato o sofferente); di ogni uomo e di ogni donna; di ogni credente (anche di altre religioni o confessioni) e di ogni ateo; di ogni omosessuale e di ogni transessuale; di ogni straniero e migrante; di ogni malato e di ogni morente. Noi crediamo infatti che «la ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio» (Gaudium et Spes, n. 19) e questo anche se «molti nostri contemporanei non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio» (ivi).
★ IL RIFIUTO DI OGNI INGIUSTA DISCRIMINAZIONE
Di conseguenza, aderiamo a quanto affermato da Papa Francesco circa l’accoglienza da offrire ad ogni persona (cfr. Amoris Laetitia, n. 250) e ribadito di recente dalla CEI: «Le discriminazioni –
comprese quelle basate sull’orientamento sessuale – costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni» (Comunicato, 10 giugno 2020).
★ IL CONTESTO NORMATIVO E SOCIO-CULTURALE ATTUALE
L’ordinamento giuridico attuale del nostro Paese, pur migliorabile, non presenta un “vuoto normativo” su questi temi. Il Codice Penale, in particolare, prevede una serie di sanzioni proporzionate alla gravità del reato per i delitti contro la persona (cfr. art. 575-612 c.p.). Dal punto di vista socio-culturale, nel nostro Paese non è ad oggi riscontrabile (stando ai dati ufficiali del Ministero) un’emergenza omo-transfobica, cioè dovuta alla frequenza e alla gravità di condotte lesive della dignità di persone omosessuali, transessuali, etc.
VALUTAZIONI SUL TESTO DEL DDL ZAN
TITOLO E SCOPI DEL DISEGNO DI LEGGE
Il testo – così chiamato dal nome del relatore alla Camera dei Deputati, onorevole Alessandro Zan – unifica in realtà 5 proposte di legge precedenti. Già approvato dalla Camera il 4 novembre 2020, è atteso a giorni all’esame del Senato, dopo il passaggio in Commissione. Il suo titolo esplicita anche il suo scopo fondamentale: «Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».
✽ TESTO Disegno di Legge n. 2005
IL DIRITTO E IL DOVERE DI CAPIRE IL TESTO: QUATTRO CRITICITÀ
Alla luce delle premesse fatte, è possibile proporre una valutazione del DDL che – oltre ai suoi intenti (ampliare la tutela antidiscriminatoria alle persone con particolare orientamento sessuale) – ne evidenzi le criticità, ma senza che questo approccio coincida con la contrarietà a forme di tutela per questi casi, né con qualche presunta “omo-transfobia”.
● LA NATURA UMANA PUÒ ESSERE “RISCRITTA” PER LEGGE?
L’art. 1 del DDL Zan offre una serie di definizioni sulla natura umana, con le quali: distingue il sesso dal genere, per far coincidere quest’ultimo con qualunque manifestazione esteriore, al di là di eventuali aspettative sociali; descrive l’orientamento sessuale come attrazione verso persone del sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi; e, soprattutto, introduce il concetto di identità di genere, come quell’identità che ciascuno può manifestare o solo percepire, anche se non corrispondente al proprio sesso e senza aver concluso un “cambio” di sesso. Questo nuovo “vocabolario” deriva da una teoria, quella del “gender”, per la quale andrebbero cancellate le differenze sessuali, per considerarle un’esperienza soggettiva che prescinde dal corpo sessuato. Ma qui è doveroso chiedersi: una legge dello Stato può assumere come principio antropologico una teoria filosofico-culturale opinabile (il cui fondamento scientifico non è affatto unanime) e senza alcun vero dibattito sul merito? Da un punto di vista strettamente cristiano, poi, questa visione antropologica appare chiaramente in contrasto con la visione che emerge dalla Scrittura, dalla Tradizione e
dal Magistero, con riguardo alla differenza tra uomo e donna e alla famiglia.
✽ ARTICOLO di Francesca Izzo
Ma con l’identità di genere si vuole annullare la donna (Avvenire 24.06.2021)
● UNA LEGGE PUÒ ESSERE INDETERMINATA (CIOÈ POCO PRECISA)?
Il DDL Zan presenta inoltre alcuni profili oggettivi di incertezza e/o ambiguità giuridica. Il primo è quello appena richiamato: se una norma si fonda su alcune definizioni di riferimento di per sé “fluide” (come le
«manifestazioni esteriori» o «l’auto-percezione»; cfr. art. 1), come potrà essere certo il contenuto della norma stessa? Ad esempio: sarà un atto discriminatorio opporsi al fatto che uomini che “si sentono donne”, con il loro corpo maschile, accedano a spazi femminili, come bagni, spogliatoi, gare sportive, camerini, reparti ospedalieri, quote lavorative, etc.? In secondo luogo, stando alle espressioni generiche usate nel DDL (cfr. art.4), appare davvero labile il confine tra la libertà di pensiero o di opinione e la situazione di idee o atti giudicabili come «non idonei», perché capaci di condurre al «concreto pericolo di atti discriminatori o violenti». Data la genericità della norma, chi deciderà sull’ “idoneità” delle idee e degli atti? Il singolo giudice?
Spetterebbe principalmente alla legge, e non al giudice, la descrizione adeguata di una condotta illecita da sanzionare.
✽ ARTICOLO Intervista al giurista Natalino Irti
«È in gioco la libertà di tutti» (Avvenire 06.07.2021)
● RISCHI PER LA LIBERTÀ DI PENSIERO E DI ESPRESSIONE?
«La libera espressione di convincimenti ed opinioni» che il DDL Zan fa “salva” purché «idonea» (v. ancora art. 3), è in realtà già garantita dall’art. 21 della Costituzione, che recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». L’intento del DDL Zan, che invece vorrebbe limitarla, appare dunque anche culturale, cioè volto a “ri-educare” una mentalità (di qui anche la previsione che la condanna per reati collegati possa implicare un servizio o una messa in prova presso associazioni LGTBQ; cfr. art.5 §4). In questo modo, però, il testo corre un rischio ben più grande, e cioè trasformare in delitto ciò che invece è un diritto (costituzionale): e cioè il pensiero stesso, come pure la reale e piena libertà di esprimerlo, con idee diverse o compiendo atti in dissenso. Questa preoccupazione sul DDL Zan è oggi propria anche di molte componenti laiche del Paese, tra le quali autorevoli giuristi e associazioni di femministe. Si pensi, come esempio, ad alcuni fatti accaduti in Paesi dove vige una legislazione simile: se qualcuno in un discorso o durante un incontro, oppure un sacerdote durante l’omelia, affermasse che un bambino ha il diritto naturale ad avere un padre ed una madre, o che la famiglia è quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, potrebbe essere denunciato? Se un padre si opponesse alla “ormonizzazione” della figlia adolescente (per il suo cambio di sesso) potrebbe essere arrestato? E se qualcuno si esprimesse in modo critico circa la pratica dell’utero in affitto? Se un fiorista o un pasticcere si rifiutasse di confezionare il proprio prodotto per un matrimonio gay sarebbe penalmente perseguibile? Questi dubbi si collegano anche ad una preoccupazione per il clima culturale attuale: infatti non è chiaro perché, mentre si discute di tutele e diritti da ampliare, in diverse manifestazioni pubbliche promosse dalle associazioni LGTBQ appare consentito e ripetuto il dileggio e l’insulto, anche volgari e blasfemi, verso Cristo, verso la Madonna e verso la Chiesa.
✽ ARTICOLO di Marina Terragni
Passa dall’odio verso le donne la difesa della legge anti-odio? (Avvenire 17.04.2021)
● RISCHI PER LA LIBERTÀ DI EDUCAZIONE?
Il DDL Zan, con il suo art. 7, prescrive inoltre l’introduzione di una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia, la bifobia, etc. (da fissare al 17 maggio), per promuovere il superamento di “pregiudizi” e discriminazioni. Come gli uffici anche le scuole (comprese quelle cattoliche), in quella Giornata sarebbero tenute a prevedere cerimonie e incontri ispirati dal medesimo fine (al quale risponde inoltre una più ampia strategia nazionale, che l’art. 8 chiede di elaborare ogni tre anni, per gli ambienti di lavoro, della comunicazione, dei media, delle carceri, etc.). Ci si deve però domandare: è legittimo che la scuola proponga un’educazione che riguardi la stessa “natura umana”, per di più con riferimento a teorie non evidenti dal punto di vista scientifico ed antropologico, anche a bambini delle elementari o ragazzini delle medie, e questo mentre il diritto e il dovere di educare spetta in realtà principalmente ai genitori (cfr. art. 30
della Costituzione)? Una scuola, cattolica o pubblica, potrà opporsi a questo obbligo di legge, senza incorrere in conseguenze penali? E come si potrà accettare di far proporre (si presume da associazioni legate al mondo LGTBQ) contenuti simili a bambini non ancora in grado di comprendere la sessualità adulta, e ancor meno di assimilare riferimenti sessuali solo soggettivi o fluidi, che prescindano dal corpo concreto?
✽ ARTICOLO di Mariolina Ceriotti Migliarese
L’identità di genere e i bambini: una discussione è necessaria (Avvenire 26.06.2021)
CONCLUSIONE
Alla luce sia delle premesse poste a questo scritto che delle criticità appena descritte, ci auguriamo dunque che ognuno si senta chiamato ad un compito serio di riflessione e di valutazione del testo, affidato tanto alla coscienza personale, quanto alla proposta di approfondimenti comunitari.
In sintonia con recenti prese di posizione della Chiesa, il Movimento auspica la non approvazione del DDL Zan nella forma attuale, dichiarando di:
★ condividere le preoccupazioni espresse dai due comunicati della Presidenza della CEI (10 giugno 2020 / 26 aprile 2021), là dove si «ribadisce il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell’originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza», ma precisando che «una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna»;
★ e dichiarando di aderire al senso della Nota verbale che la Santa Sede ha fatto pervenire al Governo italiano (17 giugno 2021), là dove si ricorda che l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana per la Revisione del concordato lateranense (18 febbraio 1984) sancisce che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione» (art.2, §1); come pure riconosce «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (art.2, §3).
Ci auguriamo quindi che, per una significativa revisione del testo e del suo senso, si possa sviluppare nelle sedi proprie un nuovo dialogo, aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire all’edificazione di una società più giusta e solidale. Per tutto questo, ognuno di noi si senta coinvolto anche al livello spirituale – con un impegno concreto di preghiera, di offerta e riflessione – che ci consenta di avere cura fino in fondo del mondo di oggi (che è “in fiamme” al pari di quello in cui visse S. Teresa), restando sempre e umilmente a servizio della verità dell’uomo secondo il disegno di Dio”.
Il Consiglio Generale
del Movimento Ecclesiale Carmelitano