Palermo: il messaggio dell’Arcivescovo Corrado Lorefice per la Quaresima 2021

È online su sito dell’Arcidiocesi www.diocesipa.it il Messaggio dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice per la Quaresima 2021 che avrà inizio domani, Mercoledì delle Ceneri, e si concluderà con il Giovedì santo e l’inizio del Triduo pasquale. Domani alle ore 18:00 l’Arcivescovo presiederà la liturgia delle Ceneri nella Chiesa Cattedrale (restano in vigore le disposizioni anti Covid per gli accessi).
Ricordo che quest’anno anche il rito subirà una variazione a causa della pandemia: i sacerdoti potranno, come sempre, impartire le ceneri sul capo dei fedeli, ma non potranno pronunciare la formula del rito (“Convertitevi e credete al Vangelo” oppure “Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai”). Avvicinandosi al fedele, dovranno restare a bocca chiusa, e con la mascherina ben indossata. La formula del rito verrà pronunciata, una volta per tutti, dall’altare, per mantenere il distanziamento fisico. L’indicazione è stata diffusa nei giorni scorsi dalla Congregazione per il Culto divino.
Di seguito e in allegato, il testo del messaggio dell’Arcivescovo; potrete invece scaricare il video messaggio dal seguente link: https://youtu.be/B_AKSKYQLIY .

Carissime, Carissimi,
fratello tra voi e padre per voi, desidero iniziare con voi il cammino quaresimale, che ci condurrà verso le celebrazioni pasquali. Infatti, come ci ricorda Papa Francesco: «Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse del nostro Battesimo, per rinascere uomini e donne nuovi, grazie all’opera dello Spirito Santo. Ma già l’itinerario della Quaresima, come l’intero cammino cristiano, sta tutto sotto la luce della Risurrezione, che anima i sentimenti, gli atteggiamenti e le scelte di chi vuole seguire Cristo».
La Quaresima è un tempo di preghiera, un tempo in cui siamo chiamati a ritrovare il nostro centro nella relazione con Dio, in un dialogo costante e accorato di fiducia – di fede! –, nel Signore «lento all’ira e grande nell’amore» (Sal 102,8), come la rivelazione biblica ce lo presenta e come Gesù ce lo narra e testimonia. Gesù – il Messia di Dio, il Figlio e la Parola eterna di Dio fattosi carne, l’Amore crocifisso che «si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori» (Mt 8,17; Is 53,4) –, ci assicura, infatti, che il Padre celeste non vuole noi umani schiacciati dalla solitudine e dal peso della vita. Egli – “Padre nostro” – si muove a compassione quando ascolta il grido delle donne e degli uomini segnati dalla solitudine della sofferenza e dall’emarginazione generata dall’indifferenza e dall’ingiustizia, poiché ha viscere di misericordia e di amore per tutti. Anche la pandemia ci ha fatto riscoprire la potenza e la ricchezza della preghiera. Scrive J.-P. Jossua: «L’articolo di fede che per me oggi è quasi il più importante, è la convinzione che la mia preghiera debole e intermittente è raddoppiata da una orazione più nascosta, incessante giorno e notte, e ancora più in profondità che lo Spirito Santo prega in me in maniera inimmaginabile». È un tempo che ci chiede una nuova sintonia con il gemito dello Spirito in noi (cfr Rm 8,26) e nel dolore di tante nostre sorelle e fratelli colpiti dalla violenza omicida, dalla malattia, dalla paura, dalla povertà e dalla morte.
Per questo la Quaresima ci propone un digiuno prolungato, come occasione per ricollocarci nell’ascolto di noi stessi, in quell’habitare secum caro ai Padri del deserto. Rientrare in sé stessi come espressione interiore di vigilanza e di fortezza, di povertà e privazione, per progredire nel processo mai compiuto di conversione nello Spirito, tipico del discepolato cristiano e della vita della fraternità cristiana.
Il tempo e il percorso quaresimale, attraverso il digiuno, richiedono il rinnegamento dell’io narcisistico per uscire dall’indifferenza del cuore schiavo della «concupiscenza della carne, della concupiscenza degli occhi e della superbia della vita» (cfr 1Gv 2,16). L’astinenza rende capaci di attraversare la notte e le sue insidie, certi, come le sentinelle del mattino, che sopraggiunge la luce, il «futuro spalancato dalla misericordia del Padre» (Papa Francesco). Permette di comprendere i più poveri e diseredati, la durezza estrema e lancinante della loro vita. Fa desiderare Dio e amare gli uomini e le donne nostri fratelli e sorelle. Tutti!
Infine, la Quaresima, attraverso la pratica dell’elemosina ci riconsegna la dimensione fondativa della nostra relazione con l’altro. Ci viene chiesto di praticare con più generosità e assiduità l’ascolto attento del dolore altrui, lo sguardo che si nutre della contemplazione della compassione di Dio nel suo Figlio che ha sofferto per noi lasciandoci un esempio perché ne seguiamo le orme (cfr 1Pt 2,21), performati dai suoi sentimenti (cfr Fil 2, 5-11). L’elemosina ci rende espressione del sentimento divino e umano più alto e

necessario, che anche questo tempo di pandemia ha messo in risalto: la compassione. Infatti, come sosteneva Emmanuel Lévinas, è divenuto più chiaro che «la compassione, cioè, etimologicamente, soffrire con l’altro, ha un senso etico. È la cosa che ha più senso nell’ordine del mondo».
Ma il condividere che nasce dall’aver pietà, secondo il significato etimologico di elemosina (dal greco eleêin), attinge – come accennavo prima – anche alla pratica del digiuno. Si tratta dell’intreccio intrigante che scoprì Francesco d’Assisi: fare l’elemosina diventa motivo di orgoglio se non riconosciamo che anche noi siamo nel bisogno, che anche noi dobbiamo chiedere l’elemosina. La conversione di Francesco passa dal ‘fare’ l’elemosina al ‘chiedere’ l’elemosina. Risiede qui la connessione tra elemosina e digiuno. Infatti, lo Spirito in noi presiede all’opera di generazione dell’uomo nuovo, non più bramoso e centrato su sé stesso, ‘l’uomo cristico’. Da creature consapevoli della loro fragilità, ci rende uomini e donne nuovi, discepoli di Gesù, pietre vive della Chiesa, edificio spirituale, sacramento di Cristo luce delle genti e, in Lui, di unità, di fraternità e di pace per l’intera famiglia umana che abita la Terra – la Casa comune –, nelle nostre città, sulle nostre strade, nei nostri quartieri, nelle nostre case. Donne e uomini nuovi, ‘pro-esistenti’, ‘con-partecipi’, ‘con- passionevoli’, fraterni, amanti del bene, animati dalla carità e dalla gratuità di Dio: audaci, capaci di una parola che coincide con la vita; profetici, sempre liberi di fronte al male e alle sue sedimentazioni mentali e alle sue subdole e perverse strutturazioni sociali; ‘beati’, miti e umili di cuore, che costruiscono la società civile nella ricerca del bene di tutti come coraggiosi operatori di giustizia, di misericordia, di riconciliazione, di pace e come custodi sapienti e lungimiranti della Casa comune.
La Quaresima ha una forza liberante e rivelativa per le nostre Comunità cristiane perché ci permette di verificare con decisione se apparteniamo a Gesù, se siamo di Cristo, degni del nome che portiamo. Se gli assomigliamo. Se la nostra partecipazione alla costruzione della città umana, il nostro impegno sociale e caritativo sono fondati in Dio. Poiché, come diceva un mio caro amico, «un cristianesimo senza Gesù non è niente. Un ‘fare’ dei cristiani senza Dio non è niente lo stesso».
Lasciamo agire Dio in noi (cfr Sal 118,126) e attraverso di noi, in questo tempo opportuno e provvidenziale della Quaresima, sapientemente definito dalla Liturgia «sacramento della nostra conversione». Attingiamo forza dall’assiduo ascolto delle Sacre Scritture e dal Sacramento del perdono e della penitenza che, come farmaco salutare, connota e sostiene questo cammino. Lasciamoci condurre dal Signore nel compiere gesti nuovi, nella nostra relazione con Dio, con i fratelli e con noi stessi. Gesti nuovi come segno e pegno della Pasqua a cui tendiamo.
La Beata Vergine Maria, Madre e Discepola del Signore sotto la croce, ci sostenga e ci soccorra nel cammino per giungere gioiosi e rinnovati alla rigenerazione pasquale.

+ Corrado Lorefice Arcivescovo di Palermo

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