Pillola abortiva RU486, un attacco premeditato alla vita nascente
L’articolo farmaceutico Ru486 viene considerato un’alternativa all’aborto chirurgico. Si tratta di un prodotto chimico a base di mifepristone, un potente antiormonale che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero provocandone l’aborto.
Fu l’endocrinologo francese Étienne-Émile Baulieu a trasformare in abortivo un potente medicinale (sperimentato sui topi) che era in grado di arrestare il funzionamento della ghiandola surrenale. Da quel momento (1980) “ci si diede da fare” per poter utilizzare la proprietà abortiva di questa nuova molecola sulla donna.
La terapia protocollare della Ru486 prevede due pillole, assunte a distanza di tre giorni l’una dall’altra; la prima pillola uccide il feto, la seconda provoca le contrazioni per l’espulsione dell’embrione. Tale trattamento non è però infallibile, nel 5% (si parla anche dell’8%) dei casi diventa, infatti, necessario intervenire con un aborto chirurgico.
Tra le “complicazioni” relative all’assunzione della pillola abortiva Ru486 (emorragie, infezioni, eventi trombotici ecc.) c’è quello della mortalità! Già nel 2005 la prestigiosa rivista New England Medical Journal dichiarava che l’aborto chimico provoca una mortalità dieci volte maggiore di quello chirurgico. Un batterio, infatti, (il Clostridium Sordellii) – difficilmente individuabile poiché non provoca febbre – sarebbe la causa di molte infezioni terminate con la morte!
Nel famosissimo libro di Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, leggiamo: “Tutti gli elementi che compongono un uomo, dal suo corpo alla sua personalità, tutti i quozienti che costituiscono un individuo, dal suo sangue alla sua mente, sono concentrati in quella cellula. Essi rappresentano molto di più che un progetto o una promessa: se potessimo esaminarli con un microscopio capace di vedere al di là del visibile, ci butteremmo in ginocchio e crederemmo tutti in Dio”.
Immagine: Fotogramma /Ipa