Il cambiamento climatico e l’impatto su salute e sicurezza del lavoro in uno studio Inail-Cnr

Nella comunità scientifica l’evidenza dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute è largamente condivisa. Recentemente, l’Intergovernamental Panel on Climate Change (Ipcc) ha confermato la tendenza degli ultimi venti anni: le estati recenti che hanno fatto registrare globalmente le temperature più alte di sempre, con i gas serra prodotti dall’attività umana che impediscono la dissipazione del calore, sono una delle ragioni del ritmo accentuato di riscaldamento del pianeta. L’Italia e l’area del Mediterraneo sono tra le zone del pianeta più vulnerabili agli effetti di questo mutamento ambientale e sono interessate da un aumento significativo delle temperature. È inoltre unanimemente riconosciuto come sia necessario attendere nei prossimi anni un aumento dell’intensità, della frequenza e della durata delle ondate di calore.

Caldo eccessivo e conseguenze sulla salute dei lavoratori. Al cambiamento climatico sono significativamente connesse la salute e la sicurezza del lavoro. Numerosi studi epidemiologici hanno mostrato come lavorare in condizioni di esposizione eccessiva al caldo non solo esponga i lavoratori a rischi diretti per la salute, ma aumenti anche la probabilità di infortunio in ragione di condizioni fisiche e cognitive compromesse e della conseguente minore capacità di affrontare eventi inattesi. La combinazione di fattori come sudorazione delle mani, temperatura elevata delle superfici e condizioni di visibilità deteriorate possono favorire scivolamenti, cadute, collisioni. L’affaticamento e la disidratazione possono compromettere sia la stabilità posturale sia la concentrazione. Questa connessione non si limita solo all’incremento delle probabilità di infortunio sul lavoro associabile a situazioni estreme, ma può determinare altri esiti di salute associati a incremento dell’esposizione alle radiazioni solari, a interazione fra esposizione a inquinanti, a cancerogeni occupazionali e ad allergeni biologici.

Uno studio Inail-Cnr analizza l’impatto su infortuni, produttività, costi assicurativi. Sull’ultimo numero pubblicato a gennaio 2025 di Environmental Research, rivista di riferimento per la comunità scientifica internazionale sulla relazione fra ambiente e salute, i ricercatori del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail e dell’Istituto per la BioEconomia del Cnr hanno pubblicato alcuni risultati originali che stimano l’impatto dell’esposizione a temperature estreme nei luoghi di lavoro sul rischio di infortunio, gli effetti sulla produttività aziendale e i costi assicurativi associati.

Più di 4.000 infortuni all’anno associabili a temperature estreme. Attraverso un modello epidemiologico che analizza la serie giornaliera delle temperature e la serie degli infortuni, con la collaborazione della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto sono stati associati al caldo estremo oltre 4.000 infortuni per anno, con un impatto particolarmente significativo per i settori dell’agricoltura, dell’edilizia e della logistica. Allo stesso tempo, la riduzione della produttività dovuta alla necessità di evitare l’esposizione è stata stimata mediamente al 6,5%, fino ad arrivare all’80% in condizioni di sforzo fisico elevato richiesto dall’attività lavorativa. Il costo per la collettività associato agli infortuni occupazionali correlati al caldo è ingente e sfiora i 50 milioni di euro per anno, considerando l’insieme di tutte le spese assicurative, gestionali e di tutela degli infortunati.

Fondamentali formazione e misure di prevenzione specifiche. Alla luce delle evidenze scientifiche, risulta rafforzata la convinzione di come la prevenzione dell’esposizione occupazionale a temperature estreme sia una priorità e un volano fondamentale di sviluppo, sia in termini di progresso per la salute e la sicurezza dei lavoratori sia di produttività e competitività aziendale. Fondamentale è la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro per evidenziare l’importanza dell’idratazione durante le ondate di calore, di un abbigliamento adeguato, della riorganizzazione dei turni di lavoro e della possibilità di accedere ad aree ombreggiate durante le pause. È fondamentale inoltre dotarsi di strumenti innovativi, tra cui i sistemi previsionali di allerta specifici per il settore occupazionale, in grado di individuare condizioni di criticità per i diversi ambiti lavorativi. Anche l’individuazione di soluzioni tecnologiche indossabili come gli indumenti refrigeranti rappresenta una priorità di ricerca e intervento.

L’impegno dell’Inail nel progetto Worklimate 2.0 e i risultati attesi. Il programma Worklimate 2.0, promosso e finanziato dall’Inail attraverso lo strumento dei Bandi di ricerca in collaborazione (Bric) ha consentito di costituire un’ampia partnership fra istituti scientifici, con la conduzione del Cnr (Istituto per la BioEconomia) e la partecipazione delle Aziende Usl Toscana Centro e Toscana Sud Est, del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, del Consorzio LaMMA (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile) e dell’Università di Bologna. Il progetto sta producendo conoscenza e strumenti di intervento sull’effetto delle condizioni di stress termico ambientale per la sicurezza dei lavoratori, con un’attenzione specifica alla stima dei costi sociali e degli strumenti di intervento e di prevenzione dei rischi.

 

Per approfondire:

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0013935125000957

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *