A Ragusa la mostra del fotografo subacqueo Mario Russo
Un pezzo di storia dell’archeologia a Ragusa. Si inaugura domenica 18 settembre, alle 18, a Ragusa, la mostra “Kamarina. Storie di naufragi. L’ultimo viaggio”.
In esposizione ci sono più di 180 foto realizzate dal fotografo subacqueo Mario Russo, esperto nel ritrovamento di reperti archeologici che, per 25 anni, ha collaborato con la Soprintendenza di Ragusa. Russo, per anni, si è immerso nelle acque antistanti l’antica città greca di Kamarina e nella zona della vicina Kaukana, che fu approdo nel periodo bizantino. Si deve a lui il ritrovamento di numerosi reperti, ritrovati nei fondali antistanti le coste siciliane, quasi tutti all’interno di imbarcazioni affondate nei pressi delle coste iblee.
La mostra è organizzata con il patrocinio del comune di Ragusa, della Regione siciliana (Dipartimento Beni culturali), dell’Assessorato regionale ai Beni culturali, della Soprintendenza del Mare, del Parco archeologico di Kamarina – Cava Ispica, è ospitata presso il Museo della Cattedrale (Palazzo Garofalo, corso Italia, 87) e resterà aperta fino al 18 ottobre, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19. L’allestimento e la direzione artistica sono curati da Toni Campo e Francesco Palazzolo. All’inaugurazione sarà presente il sindaco, Giuseppe Cassì.
Nelle sale del museo sono esposte tutte le foto realizzate durante i ritrovamenti, ma anche le riproduzioni (realizzate in 3D) del relitto di un’antica imbarcazione (emersa dai fondali) e un antico elmo. Tutti i reperti originali sono oggi affidati e sono esposti nel Museo di Kamarina e, in parte, nel Museo archeologico di Ragusa. Accanto ai reperti è indicato il nome di colui che li ha ritrovati: Mario Russo.
Nelle profondità del mare, Russo, nell’arco di un quarto di secolo, ha ritrovato delle statuette (Afrodite, Mercurio, Ermes, Arpocrate, un Sileno), ma anche manufatti vari e monili: patere, manici di patera, lucerne, maschere teatrali, degli strigili (strumenti per l’igiene personale degli atleti), degli stiloi, termos, scandagli, vasellame e oggetti ornamentali. Vi sono anche quattro elmi (tra questi un elmo corinzio del VI secolo avanti Cristo). All’interno di uno degli elmi è stato ritrovato, ancora intatto, il teschio del soldato che lo aveva indossato.
Uno dei ritrovamenti più importanti è quello di circa 5000 monete (comunemente definito “Il tesoro dei sei imperatori”) che si fanno risalire a ben sei imperatori romani.
I reperti sono di varia datazione: alcuni si fanno risalire al periodo della fondazione di Kamarina (secondo Tucidide fondata da Siracusa nel VII secolo avanti Cristo), altri ai secoli successivi e al periodo romano e tardo romano (soprattutto nella vicina Kaukana). Ma ci sarebbero anche reperti più recenti trovati all’interno di imbarcazioni spagnole nel XV e XVI secolo.
Mario Russo ha iniziato la sua attività nel 1980 ed ha collaborato con numerosi archeologi di fama che hanno operato nel territorio ibleo: tra gli altri, Paola Pelagatti, Giuseppe Di Vita, Giuseppe Voza. Si è immerso per ben 25 anni, ogni volta riportando alla luce reperti straordinari.
Le copie delle foto, conservate da Mario Russo, saranno esposte al pubblico per un mese e daranno la possibilità al pubblico di rivivere alcune delle fasi dei vari ritrovamenti ed i manufatti. Nell’ambito della mostra sarà possibile visionare anche alcuni documentari.
Alla realizzazione della mostra hanno collaborato in vario modo alcune aziende locali: 3D Italy, DFG architetti associati, Triumph di Corallo, Lorefice piante, Caffè Sicilia, Battaglia Gaudenzio, Leggio Ferramenta e Colori. La Corte del Vespro ha curato gli allestimenti e la comunicazione.
“Kamarina, storie di naufragi. L’ultimo viaggio” è quindi un viaggio nella memoria e nel revival. Kamarina fu l’ultimo approdo di imbarcazioni che, per ragioni varie, note o meno note, si inabissarono nei fondali portando con se tutto ciò che contenevano, uomini e oggetti. Mario Russo, per 25 anni, ha lavorato indefessamente per riportare alla luce ciò che contenevano.
Mario Russo è oggi un pensionato: gli anni delle immersioni subacquee e dei ritrovamenti sono ormai lontane. Ma la passione è intatta e, con essa, il forte desiderio di consegnare alla propria città, Ragusa, un pezzo della storia culturale del territorio ibleo. «Ciò che nella vita rimane – ha detto – non sono i doni materiali ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice. La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente. È nelle emozioni che hai provato dentro la tua anima».