Il bilancio 2021 del WWF su clima e natura

Il 2021 doveva essere l’anno che ci avrebbe traghettato fuori dalla pandemia. L’anno della transizione ecologica, della ripresa green indotta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), della conferenza sul clima e di quella sulla biodiversità. L’anno che avrebbe dovuto partorire una riforma delle politiche agricole con attenzione a salute e ambiente. L’anno del grande accordo globale contro l’inquinamento da plastica, ma anche l’anno in cui su scala globale finalmente gli accordi di Parigi si sarebbero dovuti trasformare in una serie stringente di azioni e piani per fermare il cambiamento climatico e in cui, a Kunming – in Cina -, ci si riprometteva di definire il quadro di intervento per fermare la perdita di biodiversità terrestre e marina.

La non uscita dalla pandemia, ma soprattutto la mancanza di un’effettiva volontà di cambiare economia, politiche e stili di vita, continuando a sottovalutare gli effetti sul clima, sugli ecosistemi e sulla nostra salute, hanno dimostrato come sia difficile conciliare i tempi delle politiche e della consapevolezza con quelli della crisi ecologica e climatica. I ritardi accumulati rischiano così di avvicinarci ad un pericoloso game-over, oltre il quale anche le migliori intenzioni non potranno più fermare l’irreversibilità dei processi.

Ci lasciamo alle spalle un anno difficile, in cui abbiamo misurato sul nostro territorio gli effetti della crisi climatica e ambientale: incendi, ondate di calore, alluvioni, riduzione delle produzioni agricole, siccità hanno un unico comune denominatore, ovvero lo sconvolgimento del clima e la distruzione degli ecosistemi naturali.

In questo difficile quadro l’Italia ha dato segni di vitalità che, però, si devono consolidare e chiarire. Come ad esempio quelli colti nelle parole del presidente del Consiglio Mario Draghi dedicate, nel suo discorso d’insediamento, alla crisi climatica e alla biodiversità. Le attese create con la trasformazione del ministero dell’Ambiente in ministero della Transizione Ecologica per rispondere alle sfide internazionali ed europee o con il varo di un PNRR, che destina alla Rivoluzione Verde e alla Transizione ecologica ben 59,3 miliardi di euro dei 191,5 miliardi assegnati dall’Italia all’Europa.

Ma la trasformazione del nostro Paese è a malapena cominciata e non si percepisce il coraggio politico-istituzionale necessario per intraprendere con decisione e chiarezza la strada verso la decarbonizzazione dell’economia, per conseguire, come indicato dall’Europa la neutralità climatica al 2050 (ed abbattere almeno del 55% le emissioni di gas serra al 2030): anzi, si enfatizzano solo le difficoltà e non le molte e vitali opportunità. Troppo marginale risulta anche essere l’impegno per salvare il nostro capitale naturale e troppo modesti i fondi per realizzare interventi diffusi per la conservazione della natura, con l’obiettivo di tutelare entro il 2030 il 30% del nostro territorio e dei nostri mari, come previsto dalla Strategia Europea per la Biodiversità.

 

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