Migranti, Europa e responsabilità: dopo il naufragio a Ceuta, interviene l’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
«Ancora una volta ritornano i bambini, il nostro futuro, a richiamarci alle scelte che vogliamo compiere per il futuro dell’Europa. La commozione che proviamo oggi, dinanzi all’occasionale miracolo del piccolo Juan Francisco strappato al naufragio, ci ricorda ancora una volta i volti di tutti i suoi fratelli che non hanno trovato braccia pronte a salvarli. E ci chiama ancora una volta a pretendere dall’Europa un radicale cambio di prospettiva sul fronte delle migrazioni». L’Arcivescovo di Palermo, Mons. Corrado Lorefice torna a ribadire il suo ormai costante monito nei confronti delle istituzioni europee e chiama a raccolta la comunità cristiana affinché non venga dimenticato il destino di così tanti uomini, di così tante donne: «Ricordiamo tutti il piccolo Joseph, sei mesi fa, il grido di sua madre nel silenzio del Mediterraneo? Ricordiamo il piccolo Alan Kurdi, sei anni fa, il nostro sgomento dinanzi al suo corpo? Oggi la nostra coscienza è chiamata a ricordare il nome di tutti i bambini, le madri, i fratelli che hanno perduto il loro destino tra le onde, e a conoscere i nomi di tutti i bambini, le madri, i fratelli che come il piccolo Juan Francisco sperano ancora in un approdo di dignità».
«Ecco perché è sul futuro di tutti che ci interroga la vita salva di Juan Francisco. Finché ci sarà ancora un bambino che rischierà di annegare, finché ci sarà ancora un bambino che rischieremo di lasciar morire, dobbiamo dirci ancora una volta che rischiamo di lasciar morire il futuro dell’umanità», prosegue Lorefice: «Ecco perché dobbiamo dire ad alta voce ‘no!’ alla globalizzazione dell’indifferenza, ‘no!’ all’ininterrotto protrarsi di una tragedia che ci vede tutti coinvolti, tanto più che proprio nelle stesse ore in cui ci siamo tutti idealmente presi cura di questo neonato, abbiamo visto l’esercito spagnolo muoversi verso Ceuta e altre imbarcazioni disperdersi o naufragare al largo della Tunisia e nella zona SAR di Malta. Ecco perché le donne e gli uomini di buona volontà hanno il compito di spingere il Governo italiano e, tramite esso, le istituzioni europee, verso l’assunzione definitiva di scelte che vadano nella direzione di una responsabilità chiara sui compiti di vigilanza, sui compiti di salvataggio e soprattutto sulle politiche di accoglienza. L’uomo che ha salvato il piccolo Juan Francisco è l’unica immagine che ci rappresenta come italiani, come europei: l’immagine di un’Italia e di un’Europa che si indignano e che si sbracciano per trovare soluzioni concrete a monte del problema. Il futuro non verrà da una gretta chiusura nelle mura di una fortezza, ma dall’ascolto dell’insegnamento che ci è venuto dalla pandemia: un mondo di pochi ricchi e di tanti poveri, un mondo squilibrato e offeso dal dolore e dalla povertà, è un mondo infelice e insensato, un mondo privo di speranza».
«“Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? (Lc 6,46)”», conclude Mons. Lorefice, rivolgendosi a tutti i cristiani: «Noi battezzati, noi immersi nella Pasqua di Cristo, non possiamo dimenticare che siamo stati salvati dalle acque di morte e siamo riemersi alla vita perché Cristo ha donato la sua vita per amore: dal suo amore siamo stati salvati, dal suo amore siamo custoditi. Egli è il custode di noi suoi fratelli. È questo ciò che rende messianici i cristiani: custoditi, custodiamo; salvati, salviamo! “Sogniamo – lo ha scritto Papa Francesco in Fratelli Tutti – come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa terra che ospita tutti noi”».