Portavoce non iscritti all’albo? Ordine contro la norma dell’Assemblea Regionale Siciliana
L’Ordine dei giornalisti di Sicilia apprende con sconcerto dell’approvazione all’Assemblea Regionale Siciliana, nel febbraio scorso, tra le norme in tema di enti locali, di un emendamento che in modo criptico annulla l’obbligo di iscrizione all’Albo dei giornalisti per i portavoce nei comuni siciliani, invece previsto da una legge regionale del 2004. Tutto questo senza un minimo di discussione, di spiegazione. È bastato scrivere «all’art. 127, comma 1, della legge regionale 26 marzo 2002, n 2 e successive modificazioni, il terzo periodo è soppresso», et voilà, il gioco è stato fatto. Due righe appena per rendere felice qualche sindaco con impellenti necessità di circondarsi di personale fidato, non professionale, e uno schiaffo alla categoria dei giornalisti che sta vivendo sulla propria pelle una grave crisi occupazionale. Non un bel segnale quello che arriva dall’Ars, dove tra l’altro siedono anche politici-giornalisti.
Stupisce che questa norma sia passata nel silenzio generale alla Regione, che da un lato dà, riconoscendo contributi all’editoria isolana messa in ginocchio dalla pandemia, per garantire sostegno a un settore vitale per la democrazia come quello dell’informazione; ma che dall’altro toglie. Toglie posti di lavoro ai giornalisti con l’approvazione della norma che rende quello del portavoce dei sindaci un’attività senza qualifica professionale, aperta a tutti.
Dalla Regione ci saremmo aspettati, come ci era stato promesso, un impegno per sensibilizzare gli enti locali a rispettare, dotandosi di uffici stampa, la legge 150 del 2000, troppo spesso disattesa e aggirata dagli amministratori.
Ora che la norma approvata alla chetichella all’Ars è stata bocciata dal Consiglio dei ministri il 15 aprile, il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia auspica che tra le forze politiche regionali si apra sulla questione dei portavoce e degli addetti stampa negli enti locali un confronto serio, al fine di garantire una boccata d’ossigeno a una categoria, quella dei giornalisti, ormai da tempo in ginocchio. E non soltanto a causa della pandemia.