“L’Eros che non c’è, Meraviglie e contraddizioni dell’amore”: intervista a Luciano Sesta
Venerdì 26 febbraio 2021 ore 18.00-19.45 diretta della presentazione del libro sulla pagina Facebook di Spazio Cultura
Libreria Macaione https://www.facebook.com/spazioculturalibri
Dialogheranno con l’Autore Augusto Cavadiconsulente filosofico, Giorgio Palumbo docente di filosofia teoretica presso l’Università di Palermo e Giuseppe Savagnone Responsabile del sito della Pastorale della cultura tuttavia.eu.
“Non c’è nessuno che non ami “ ha scritto Sant’Agostino. “Se ciò che chiamiamo amore scomparisse improvvisamente trascinerebbe con se tante cose . Forse tutto scorrerebbe più liscio ma le nostre giornate sarebbero più lineari, meno nervose e ansiose. Ma anche terribilmente più noiose e vuote. Perché l’amore che viviamo nella nostra esperienza quotidiana non è quasi mai all’altezza di ciò che desideriamo” ?
Sappiamo che non è possibile trattare delle lezioni sull’amore perché non è facile spiegarlo. L’amore accade come qualcosa di non previsto, una sorpresa, un mistero, che porta la promessa di una vita nuova. Ciò che invece è possibile è parlare d’amore. “L’eros che non c’è. Meraviglie e contraddizioni dell’amore” edito da Mursia, è il libro sull’amore di Luciano Sesta che dà una chiave di lettura per comprendere le meraviglie e le contraddizioni del più nobile dei sentimenti. Abbiamo incontrato l’autore Luciano Sesta, docente di Filosofia e Storia nei licei statali ed è docente a contratto di Filosofia Morale e di Bioetica presso l’Università di Palermo
L’amore è qualcosa di spontaneo, dove non ci sono regole e che va solo vissuto o è anche un arte da imparare e quindi dobbiamo sforzarci di capirlo?
“Direi che è entrambe le cose. L’amore, all’inizio, è qualcosa che ci afferra senza lasciarci margini di scelta. L’innamoramento è un sentimento che o si prova o non si prova: non lo si può certo indurre con uno sforzo deliberato quando ancora non c’è, né, quando c’è, si può fare in modo che non ci sia. Su questa base si può però decidere di assecondare o di lasciar cadere ciò che sentiamo. È il passaggio dall’essere (involontariamente) innamorati alla scelta (volontaria) di amare. Benché l’idea risalga a Platone, è stato Erich Fromm a dirci che amare significa non già entrare in una corrente spontanea di felicità, ma esercitare un’arte, che consiste nel volere ciò che si sente e nel sentire ciò che si vuole. Ed è più bello sentirsi dire: “ti voglio, ho deciso” che: “mi attrai, è più forte di me”. Nel primo caso a rivolgersi a noi è proprio l’altro, nel secondo caso è invece qualcosa che agisce in lui, e che un giorno potrebbe lasciarlo con la stessa fatalità con cui lo ha preso.
Perché l’amore che viviamo nella nostra esperienza quotidiana non è quasi mai all’altezza di ciò che desideriamo ?
“È vero, sembra che l’amore ci inganni, lasciandoci intravedere qualcosa che poi ci sfugge. Per questo in amore sembriamo tutti perennemente insoddisfatti e un po’ disillusi. Non a caso sono numerosi gli autori che, nella storia della cultura, hanno considerato l’amore, soprattutto sentimentale ed erotico, come un’illusione, o come un’utopia, un ideale irrealizzabile. Ogni volta che l’amore sembra finalmente realizzarsi, siamo nuovamente inclini a pensare che il partner che abbiamo non sia così amabile come quello che non abbiamo e che, chissà, potremmo avere. Offrendoci una fotografia del cuore umano, Jean Jacques Rousseau ha scritto: “l’immagine dell’amore spento ci spaventa di più di quella dell’amore infelice; il disgusto di ciò che si possiede è cento volte peggiore del rimpianto di quanto si è perduto”. Nel mio libro L’eros che non c’è. Meraviglie e contraddizioni dell’amore, ho provato a suggerire in che direzione dovremmo guardare per non rimanere intrappolati in questo dilemma.
La parola amore oggi soprattutto tra i giovani sembra essere tra le più abusate, ma anche tra quelle meno usate. I nostri giovani come gli adulti, nella maggior parte dei casi, appaiono delusi dalle loro relazioni. Esiste oggi l’amore per sempre? E se esiste perché fa paura ?
“Oggi si parla di “amore liquido”, e cioè di un legame in cui, come ha scritto Zigmunt Bauman, “oscilliamo continuamente fra il bisogno di stare insieme e il terrore di rimanere in trappola”. Ciononostante l’amore “per sempre” continua a esistere, anche fra i giovani. Le statistiche sul fallimento di molte coppie non scoraggiano gli amanti, che continuano a investire sul proprio amore a dispetto del mondo. E non si tratta di “idealismo” astratto. La paura c’è, certamente. Ma è superata dal desiderio. Chiunque ami, infatti, desidera spontaneamente continuare a farlo tutta la vita. La formula “ti amo”, in quest’ottica, pur essendo espressa al presente, include una clausola rivolta al futuro: non si può dire sinceramente “ti amo” senza sottintendere che lo si desidera fare “per sempre”. L’incertezza sull’esito della relazione non rende falsa o illusoria questa promessa di eternità, essendone piuttosto la condizione: proprio perché non so cosa ci riserverà il futuro, potrò riempirlo della speranza e del desiderio che ci vedrà per sempre insieme, nella gioia e nel dolore.
C’è l’amore a prima vista o l’amore è costruito nel tempo?
“Anche qui direi: entrambe le cose. Non dovremmo cadere nella trappola di pensare che l’amore passionale dell’inizio sia incompatibile con quello più duraturo e stabile delle fasi successive. L’innamoramento, all’inizio, è tutto. Con il maturare dell’amore, diventa una parte di un percorso più ampio, che continua però a svolgere il proprio ruolo di evento fondatore, unico e irripetibile, che ha inaugurato l’intera vicenda. Spesso, infatti, è proprio l’amore “a prima vista” che si consolida e si costruisce “nel tempo”. Quasi mai si fa notare che l’intensità emotiva dell’innamoramento è non soltanto qualcosa di ben diverso dallo svolgimento “calmo” dell’amore quotidiano, ma anche ciò che lo prefigura: l’innamoramento è cioè come un fuoco d’artificio che mette in moto un processo la cui vivacità iniziale è proporzionata al resto della storia. Solo un rapporto che potenzialmente dura tutta la vita, infatti, può avere inizi così folgoranti. Ne deriva che la magia dell’innamoramento, se si sarà capaci di viverla secondo la sua logica, è già un indizio della grandezza dell’amore che nascerà, se lo vogliamo.
Perchè molti amori finiscono nonostante la loro storia sia stata coinvolgente?
“È vero: tante coppie, che pure avevano iniziato il loro cammino nell’entusiasmo di un sicuro coinvolgimento, si ritrovano prigioniere di un legame irriconoscibile, ferite, deluse e amareggiate. E quando ciò accade ci si sente “ingannati”, quasi “presi in giro”. Perché avviene? Non è facile rispondere. A volte avviene per ingenuità, perché si crede che l’amore sia una festa tutta rose e fiori, piuttosto che un viaggio complesso, tanto affascinante quanto drammatico e impegnativo. Altre volte accade senza apparente motivo, come per l’esaurirsi di una spinta che ristagna, ormai priva del dinamismo che l’aveva inaugurata. Fa riflettere, tuttavia, come ogni amore che finisce si porti dentro una certa dose di amarezza e di malinconia, soprattutto se si confronta la sua fine con il suo inizio. Come se appunto l’amore, per sua natura, non fosse destinato a finire ma a durare realmente per sempre.
“L’ho uccisa perché l’amavo” Molte donne si trovano ferite, disilluse prigioniere di un legame irriconoscibile, come aiutarle a trovare la forza per comprendere che l’amore è sempre un dono, prima che sia troppo tardi?
“Credo che in questi casi l’emergenza sia comune, e cioè che un’autentica prevenzione della violenza maschile debba ripartire dalla promozione di una più seria e matura conoscenza reciproca fra uomini e donne, oltre che della natura del loro legame. Diversamente finiremmo per sovraccaricare la sola donna del peso di riconoscere e prevenire il disastro, quasi ci fossimo rassegnati alla violenza maschile. A questo riguardo, raramente si riflette sulla logica più profonda che si nasconde nel tragico gesto dell’uccisione del partner. Si tratta della consapevolezza della sua libertà. Amarsi significa non già essere una cosa sola, ma venirsi incontro liberamente, ogni giorno, perché lo si sente e lo si vuole. Ed è chiaro che, per chi ha bisogno di rassicurazione affettiva, si tratta di un gioco troppo precario. È l’incapacità di tollerare i “no” di una donna, spesso, il germe di quello che poi, nel suo esito più tragico ed estremo, diventa brutale femminicidio. Già Nietzsche faceva notare che l’unico modo di “fermare” l’oggetto d’amore fosse quello di annientarlo, dal momento che l’amore “teme più il mutamento che la distruzione”. In quest’ottica la donna è chiamata a vigilare, per così dire, sulla qualità del proprio legame con l’uomo, evitando di autorizzare il partner a considerarla un oggetto di proprietà. Questo non significa, come vuole una certa lettura maschilista del fenomeno, che i crimini maschili siano indirettamente imputabili alle donne, ma che la violenza sulle donne si previene costruendo, insieme, buone relazioni, in cui amore e rispetto coesistano. Spesso, invece, accade che l’intimità del rapporto di amore autorizzi, senza che nemmeno ce ne si accorga, a considerarsi l’uno proprietà dell’altro. Che in un certo senso è vero, solo che in amore il possesso è più il frutto di un dono ricevuto che di un oggetto accaparrato. Dovremmo essere tutti in grado, uomini e donne, di capire che maltrattare una donna non significa, almeno all’inizio, picchiarla o chiuderla in casa per gelosia, ma anche più semplicemente “aggrapparsi” a lei per rimediare alla propria solitudine o per colmare i propri vuoti affettivi.”