Cardinale De Giorgi: «L’ignoranza del Vangelo è la causa fondamentale della crisi delle fede e dell’abbandono della vita cristiana»

In seguito alla recente pubblicazione del cardinale Salvatore De Giorgi, “Consacrati per amore, inviati per amare”, edizioni We Can Hope curata da don Giuseppe Calderone, abbiamo chiesto al cardinale De Giorgi – per dieci anni alla guida dell’Arcidiocesi di Palermo – di rispondere ad alcune domande che proponiamo in esclusiva.

 

Eminenza, nella sua recente pubblicazione, “Consacrati per amore, inviati per amare”, ci ha regalato le omelie della Messa Crismale del Giovedì Santo tenute durante i dieci anni di episcopato nella chiesa palermitana. Quale il motivo di questa scelta editoriale?

Quando il carissimo don Giuseppe Calderone mi ha telefonato per dirmi che intendeva pubblicare alcuni miei scritti da me preferiti, in occasione del mio 90° genetliaco, il mio pensiero è andato subito alle omelie della Messa Crismale del Giovedì Santo. La Messa Crismale – sin da sacerdote nella Cattedrale di Lecce e da vescovo nelle cattedrali di Oria, di Foggia, di Bovino, di Troia e di Taranto – mi ha sempre affascinato per i suoi stupendi significati: anniversario della istituzione del sacerdozio ministeriale a servizio del sacerdozio comune a tutti i battezzati, e massima manifestazione della comunione dei presbiteri col vescovo e tra di loro, e dell’affetto paterno e fraterno del vescovo per i suoi sacerdoti. Ma nella Cattedrale di Palermo la Messa Crismale mi è rimasta particolarmente nel cuore: ricordo con emozione la solennità della celebrazione e la presenza numerosissima e quasi incontenibile dei sacerdoti, dei diaconi, dei ministri istituiti dei religiosi e delle religiose, e soprattutto dei cresimandi. E non potrò dimenticare che a conclusione della Messa Crismale, il 4 aprile 1996 il mio compianto predecessore, il cardinale Pappalardo dette l’annunzio della mia nomina a suo successore, mentre nella Basilica di San Pietro il Papa, San Giovanni Paolo II, mi faceva chiamare per dare la prima Benedizione a me e a Palermo.

Quanto è importante il valore di un’omelia nella crescita spirituale di chi la propone e di chi la riceve?

L’omelia, come attualizzazione e contestualizzazione della Parola di Dio, esprime anzitutto quello che il sacerdote ha percepito nella lettura orante, nella meditazione interiore, nella ruminazione della mente  e  nella contemplazione del cuore, come messaggio rivolto da Dio anzitutto a lui per la sua conversione e santificazione, in modo che possa trasmetterlo ai fedeli con convinzione e con attrazione, col fuoco dello Spirito Santo, che penetra nei cuori e fa crescere così chi propone l’omelia e chi la riceve.

Eminenza, tra gli incarichi più importanti che la Santa Sede le ha affidato possiamo ricordare la guida dell’Azione Cattolica nel 1990 e l’impegnativa esperienza come arcivescovo di Palermo nel 1996, dopo la grande figura del cardinale Salvatore Pappalardo. Come ricorda queste due particolari esperienze?

L’esperienza dei sei anni come Assistente Ecclesiastico Generale dell’Azione Cattolica Italiana è stata quella più arricchente spiritualmente e culturalmente, perché mi ha dato la possibilità di conoscere quasi tutte le diocesi italiane con i loro pastori, i sacerdoti e soprattutto i laici. E mi ha offerto anche la grazia di incontrare più spesso il Papa, San Giovanni Paolo II, del quale ero lieto di approfondire il magistero per presentarlo attraverso la stampa e i frequentissimi incontri associativi. L’esperienza come Arcivescovo di Palermo è stata quella più arricchente spiritualmente e pastoralmente sia perché la più lunga nel tempo sia soprattutto per la complessità dei problemi e delle sfide affrontati con totale e orante fiducia nella grazia del Signore che mi ha mandato, e con la collaborazione e l’incoraggiamento dei sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi/e e dei fedeli palermitani, grato anche per il loro affetto da me cordialmente ricambiato.

Nel 2012 il delicato compito di indagare sulla fuga di notizie e documenti vaticani riservati, riguardanti i rapporti all’interno e all’esterno della Santa Sede. Un momento difficile per la Chiesa e per il ministero petrino. A distanza di quasi dieci anni da tali episodi, ritiene che il problema sia stato significativamente risolto?

Far parte di quella Commissione è stato un atto di fiducia di Papa Benedetto XVI, svolto con altrettanta fedeltà nel rigore del segreto pontificio assolutamente rispettato, per cui anche qui non vi faccio riferimento. Ricordo solo che nei due millenni della sua storia, nella Chiesa non sono mai mancati problemi, difficoltà e prove al suo interno e al suo esterno: basti pensare ai grandi scismi dei secoli passati che l’hanno lacerata, ma non distrutta, perché è sempre Cristo che la regge assicurando che le forze del male non prevarranno di essa. Ci sono indubbiamente anche oggi, e ci saranno ancora nel futuro, difficoltà, contrasti, problemi, ma sarà il Signore a suggerire come risolverli con la santità, la saggezza, la prudenza, la fortezza di coloro che egli ha posto a guidare la sua Chiesa, oggi col grande Papa Francesco.

Il 25 maggio 2013 – in qualità di delegato del Papa e arcivescovo emerito di Palermo – ha avuto il privilegio di pronunciare la solenne formula di beatificazione di Don Giuseppe Puglisi. Può raccontarci l’emozione vissuta in quei momenti di portata storica per la Chiesa palermitana?

Sono emozioni intensissime quelle che si provano nel rappresentare il Papa nella Beatificazione di un Servo di Dio. Le avevo già provate nella Beatificazione di P. Francesco Spoto nella Cattedrale di Palermo e di Giuseppe Toniolo in S. Maria Maggiore a Roma. Ma quelle provate nella Beatificazione di Padre Pino Puglisi al Foro Italico, con la presenza di circa centomila persone, sono indescrivibili. Nel leggere il Decreto di Beatificazione firmato da Papa Francesco avevo l’impressione che P. Pino mi abbracciasse. Ho consacrato con tenacia il mio episcopato a Palermo per il processo di beatificazione come martire della fede, da me aperto e portato a termine dal mio successore il cardinale Paolo Romeo: celebrarne il traguardo tanto atteso è stato come avvertire il suo sorriso e il suo abbraccio. Un abbraccio sentito più forte per l’intrecciarsi significativo di alcune date: Papa Benedetto XVI, che certamente non conosceva le date che mi riguardano, firma il decreto il 28 giugno anniversario della mia ordinazione sacerdotale, fissa la data della Beatificazione il 25 maggio anniversario del mio ingresso come arcivescovo a Palermo, nell’anno 2013, un anno per me doppiamente giubilare per il sessantesimo dell’Ordinazione presbiterale e quarantesimo di quella episcopale.

Eminenza, quali, a suo parere, le questioni principali che stanno mettendo alla prova la Chiesa?

Certamente la prova più grave è l’abbandono occulto o manifesto da parte di tanti battezzati della Chiesa. Un fatto doloroso dovuto innanzitutto all’influsso mediatico delle culture dominanti, come il secolarismo agnostico e nichilista, il materialismo pratico, che pone il benessere materiale al di sopra e a scapito di quello spirituale e morale, il relativismo etico permissivo e libertario, la crisi della famiglia e il degrado dell’amore coniugale a danno soprattutto delle nuove generazione che anche per questo sono le più lontane da Dio. Hanno influito indubbiamente anche gli scandali morali e finanziari esplosi nei due ultimi decenni nella Chiesa, ma è a tutti noto con quanto vigore e rigore Papa Francesco, e con lui tutta la Chiesa, li sta combattendo, a differenza di altre istituzioni. Occorre per questo una testimonianza più trasparente e un annunzio più attraente e fedele del Vangelo: l’ignoranza del Vangelo è la causa fondamentale della crisi delle fede e dell’abbandono della vita cristiana. Papa Francesco ha dato preziose indicazioni soprattutto nella Esortazione “Evangelii Gaudium”, che dovrebbe essere costantemente presentata ai fedeli con un’azione decisamente missionaria, di Chiesa in uscita.

Fanno discutere le nuove linee guida del ministero della Salute che prevedono l’aborto farmacologico in day hospital, fino alla nona settimana di gravidanza, con l’uso della pillola Ru486. Quali sono le sue considerazioni?

È triste constatare che in un tempo terribile di pandemia globale e omicida, mentre si ricorre alla scienza e alla tecnica per salvare la vita dei milioni di contagiati, in Italia si faccia ricorso sempre più permissivo alla tecnica e alla scienza per uccidere o impedire la vita nel suo sbocciare o nel suo nascere, compromettendo così il futuro demografico del nostro Paese che ha il triste primato della denatalità.

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