60 anni fa l’assassinio del giovane giornalista siciliano Cosimo Cristina
Cosimo Cristina nacque a Termini Imerese l’11 agosto 1935, tra il 1955 e il 1959 ha collaborato come corrispondente per il giornale L’Ora di Palermo, per Il Giorno, per l’agenzia Ansa, per il Corriere della Sera, per Il Messaggero e per Il Gazzettino. Nel 1959 ha fondato il settimanale “Prospettive Siciliane” dove scriveva sulla mafia di Termini e delle Madonie in anni in cui nessuno osava nemmeno nominarla.
Si occupò di tanti omicidi tra i quali quello sindacalista Salvatore Carnevale e del sacerdote Pasquale Culotta, avvenuta a Cefalù nel 1955, la morte di Agostino Tripi, il processo per l’omicidio di Carmelo Giallombardo. Cristina era scomodo come tanti giornalisti che hanno denunciato la malavita organizzata e il 5 maggio del 1960 venne ritrovato senza vita nella galleria ferroviaria tra Termini Imerese e Trabia, la scena in un primo momento sembrava quella di un suicidio ma si trattava chiaramente di un artifizio organizzato per distogliere l’attenzione dall’omicidio. All’epoca, Cristina aveva 25 anni.
“Se i sicari di Cosa nostra – scrive il direttore di Esperonews, Alfonso Lo Cascio – non avessero spento la sua vita oggi il giovane termitano avrebbe 85 anni, farebbe parte di quella categoria a massimo rischio da contagio del Covid-19. Ma un virus altrettanto terribile, chiamato mafia, Cosimo lo incontrò sessanta anni fa e fu una lotta impari, soprattutto perché era solo a combattere, e le istituzioni non furono mai dalla sua parte. Sconfitto perché credeva in un mondo migliore.
Come abbiamo scritto nella lapide che lo ricorda nel luogo dove venne rinvenuto il corpo: “Ucciso dalla mafia perché credeva che la verità e la legalità fossero più forti di qualsiasi potere criminale”. E questo resterà il suo più grande insegnamento”.
Di Cosimo Cristina ne hanno parlato anche Francesca La Mantia e Angelo Urgo sul sito dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia.