Cantina Horus, passione ed ecosostenibilità per vini capaci di emozionare
Potente, nobile, equilibrato e passionale, Horus è stata la divinità fra le più antiche e significative del pantheon egizio. Figlio di Iside e Osiride, simboleggia l’energia medianica ma anche la profezia, la musica, l’arte e la bellezza. I quattro elementi naturali, terra, vento, fuoco e acqua erano al suo comando. Insomma un dio che rappresenta l’equilibrio del mondo naturale.
A distanza di millenni il suo nome e il suo mitologico fascino riecheggiano in una tra le più emblematiche etichette di vini che la terra siciliana abbia potuto mettere al mondo: HORUS infatti è la sintesi di un’esperienza imprenditoriale iniziata nel 1974 dalla famiglia Giudice che nell’area iblea cura un centinaio di ettari fra vigneti, oliveti e mandorleti. Si tratta di un’area a forte vocazione vitivinicola. Il perfetto equilibrio fra temperatura, sole, altitudine e distanza dal mare risultano utili e favorevoli alla coltivazione delle viti e alla produzione di vino. Una passione per la terra ed il vino che oggi la famiglia Giudice vuole condividere con tutti i consumatori, impegnandosi nella valorizzazione del territorio e seguendo un’etica di ecosostenibilità per dare vini di qualità, sicuri per il consumatore e capaci di emozionare.
Il vigneto
Nel 2013 nasce il progetto della cantina HORUS i cui vigneti ricadono nell’agro di Acate, in C.da Porrazzito, nello stesso luogo in cui sorge la modernissima cantina i cui lavori sono stati completati nel 2018. A gestirla è il 36 enne Rosario Giudice con la preziosa collaborazione dell’enologo Giuseppe Romano. Dei 30 ettari vitati, 25 sono coltivati su terreni sabbiosi posti a circa 170 m slm, in C.da Porrazzito, mentre i restanti 5 sono in C.da Mortilla a 250 m slm su un suolo ricco di calcare. 20 ettari del totale sono destinati alle varietà autoctone Nero d’Avola e Frappato. Ritroviamo anche Grillo, Insolia, Moscato e Syrah, quest’ultimo in piccole percentuali. Il sistema di allevamento è a contro spalliera, la potatura a cordone speronato viene utilizzata solo per il Nero d’Avola, l’Insolia e il Moscato, mentre è a Guyot per Frappato e Grillo.
Il ritorno alle origini, l’idea di Rosario Giudice
Abbiamo posto al fondatore della cantina alcune domande con l’obiettivo di comprendere pienamente la forza del suo progetto.
1) Come è nata la tua passione per la viticoltura? Perché hai deciso di avviare questa azienda?
La mia passione per la viticoltura può definirsi un ritorno alle origini. Ho avuto modo di studiare e lavorare all’estero e a Milano. Il background acquisito mi ha permesso di rivalutare il rapporto con la Sicilia spingendomi a tornare e a riappropriarmi delle mie radici. Anche il nome prescelto va in questa direzione: i nostri vini provengono da vigneti le cui terre vengono coltivate secondo il sistema dell’agricoltura biologica e sono certificati bio. Cantina Horus è una realtà giovane e dinamica che ha scelto di valorizzare le varietà autoctone e più antiche del territorio con una produzione di vini che esprimono una visione sentimentale del vino, quella che ci lega alla nostra cultura contadina nel pieno rispetto del ciclo vitale della vigna.
La cantina, emblema di innovazione e rispetto per l’ambiente
Ci sono luoghi che non accolgono solo impianti tecnologici, attrezzi e impiegati, ma parlano di innovazione e rispetto per l’ambiente: così è la cantina HORUS. Incastonata in un territorio disegnato da filari di viti con cui vuole “vivere” in sintonia, si presenta esternamente rivestita totalmente in sughero faccia a vista, rappresentando la prima cantina in Sicilia realizzata con un materiale naturale dall’alto potere termico isolante che consente un notevole risparmio energetico. Sulla sua copertura, una distesa di pannelli solari guardano l’azzurro del cielo.
Al suo interno sono racchiuse e custodite tutte le fasi della lavorazione vinicola: in un’area vi sono moderni impianti enologici, in un’altra invece distese di barriques a temperatura controllata, e poi immancabile il laboratorio per le analisi.
La cantina, progettata dagli architetti ragusani Giovannella Avola e Christian Tribastone, sposa in pieno la filosofia aziendale, quella cioè di un’azienda giovane che punta alla produzione di vini utilizzando uve prodotte secondo il sistema dell’agricoltura biologica in linea con un modello di sviluppo sostenibile basato sui principi di salvaguardia e valorizzazione delle risorse nonché sul rispetto degli equilibri dell’ambiente.
Il progetto ha posto l’attenzione anche al consumo e riutilizzo dell’acqua. Tutta l’acqua consumata nel ciclo lavorativo della cantina attraverso dei sistemi di grigliatura e raccolta confluiscono in un sistema di fitodepurazione che consente alla stessa di essere recuperata e riutilizzata per gli usi consentiti, inoltre è anche riutilizzata parte dell’acqua piovana della copertura che confluisce in dei sistemi di raccolta che consentono poi di riutilizzarla.
“L’edificio – spiegano i due progettisti – è il risultato di una sintesi tra semplicità e funzionalità in quanto chiaramente si è mirato a rispecchiare lo scopo per il quale è stato pensato l’edificio, semplici elementi che configurano spazi con distinte funzionalità a servizio dell’attività svolta in cantina, pochi elementi tali da garantire un risultato perfetto”.