Emergenza pandemica: Indulgenza plenaria e possibilità di ricevere l’assoluzione collettiva
Con un apposito Decreto e una successiva Nota, la Penitenzieria Apostolica, nell’attuale situazione di pandemia, «concede il dono di speciali Indulgenze ai fedeli affetti dal morbo Covid-19, comunemente detto Coronavirus, nonché agli operatori sanitari, ai familiari e a tutti coloro che a qualsivoglia titolo, anche con la preghiera, si prendono cura di essi», e (attraverso la Nota) la possibilità di una “assoluzione collettiva” (già prevista dai documenti normativi della Chiesa).
Nel Decreto si concede «l’Indulgenza plenaria ai fedeli affetti da Coronavirus, sottoposti a regime di quarantena per disposizione dell’autorità sanitaria negli ospedali o nelle proprie abitazioni se, con l’animo distaccato da qualsiasi peccato, si uniranno spiritualmente attraverso i mezzi di comunicazione alla celebrazione della Santa Messa, alla recita del Santo Rosario, alla pia pratica della Via Crucis o ad altre forme di devozione, o se almeno reciteranno il Credo, il Padre Nostro e una pia invocazione alla Beata Vergine Maria, offrendo questa prova in spirito di fede in Dio e di carità verso i fratelli, con la volontà di adempiere le solite condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre), non appena sarà loro possibile.
Gli operatori sanitari, i familiari e quanti, sull’esempio del Buon Samaritano, esponendosi al rischio di contagio, assistono i malati di Coronavirus secondo le parole del divino Redentore: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13), otterranno il medesimo dono dell’Indulgenza plenaria alle stesse condizioni.
Questa Penitenzieria Apostolica, inoltre, concede volentieri alle medesime condizioni l’Indulgenza plenaria in occasione dell’attuale epidemia mondiale, anche a quei fedeli che offrano la visita al Santissimo Sacramento, o l’adorazione eucaristica, o la lettura delle Sacre Scritture per almeno mezz’ora, o la recita del Santo Rosario, o il pio esercizio della Via Crucis, o la recita della Coroncina della Divina Misericordia, per implorare da Dio Onnipotente la cessazione dell’epidemia, il sollievo per coloro che ne sono afflitti e la salvezza eterna di quanti il Signore ha chiamato a sé.
Nella Nota viene precisato che «la confessione individuale rappresenta il modo ordinario per la celebrazione di questo sacramento (cf. can. 960 CIC), mentre l’assoluzione collettiva, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita se non laddove ricorra l’imminente pericolo di morte, non bastando il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (cf. can. 961, § 1 CIC), oppure una grave necessità (cf. can. 961, § 1, 2° CIC), la cui considerazione spetta al Vescovo diocesano, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale (cf. can. 455, § 2 CIC) e ferma restando la necessità, per la valida assoluzione, del votum sacramenti da parte del singolo penitente, vale a dire il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non era possibile confessare (cf. can. 962, § 1 CIC)».
La Penitenzieria Apostolica – come si evince nel testo della Nota – «ritiene che, soprattutto nei luoghi maggiormente interessati dal contagio pandemico e fino a quando il fenomeno non rientrerà, ricorrano i casi di grave necessità, di cui al summenzionato can. 961, § 2 CIC», e che «Ogni ulteriore specificazione è demandata dal diritto ai Vescovi diocesani, tenuto sempre conto del supremo bene della salvezza delle anime (cf. can. 1752 CIC)». Inoltre: «Qualora si presentasse la necessità improvvisa di impartire l’assoluzione sacramentale a più fedeli insieme, il sacerdote è tenuto a preavvertire, entro i limiti del possibile, il Vescovo diocesano o, se non potesse, ad informarlo quanto prima (cf. Ordo Paenitentiae, n. 32)».
Per non fare confusione tra Confessione e Indulgenza, precisiamo:
L’indulgenza è la remissione della pena temporale per i peccati commessi (già perdonati per quanto riguarda la colpa). Attraverso il sacramento della Confessione viene, infatti, perdonata la colpa e il fedele – ritornando in uno stato di grazia – può riaccostarsi a ricevere l’Eucaristia. Tuttavia rimane un “residuo di peccato” chiamato pena che può essere cancellato attraverso l’indulgenza plenaria o parziale dispensata dalla Chiesa.
Purtroppo – affermava Paolo VI nella Costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina – nell’uso delle indulgenze si infiltrarono talvolta degli abusi, e a causa di “illeciti profitti” veniva infamato il significato e l’importanza dell’indulgenza. Ma la chiesa, – prosegue il Pontefice – biasimando e correggendo tali abusi, “insegna e stabilisce che l’uso delle indulgenze deve essere conservato perché sommamente salutare al popolo cristiano e autorevolmente approvato da sacri concili, mentre condanna con anatema quanti asseriscono l’inutilità delle indulgenze e negano il potere esistente nella chiesa di concederle”.
La Chiesa concede l’indulgenza attingendo al cosiddetto “tesoro dei meriti di Cristo”, a beneficio spirituale dei fedeli vivi, battezzati e in grazia di Dio, e a suffragio per i defunti. Si tratta di beni spirituali della comunione dei santi “offerti – chiarisce il Catechismo della Chiesa Cattolica – perché tutta l’umanità sia liberata dal peccato e pervenga alla comunione con il Padre” (n. 1476).