Figli di un Decreto minore: il Cura Italia per i liberi professionisti

Un super decreto per arginare il mostruoso quanto colossale impatto economico di Covid-19 sull’economia Italiana, questo l’intento del cosiddetto “Cura Italia”, il DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18 strutturato in varie “misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica” che attanaglia il Paese da settimane.

Una successione di aiuti che ha tuttavia generato una scia di malcontento soprattutto da parte dei professionisti iscritti alle Casse Professionali: architetti, avvocati, ingegneri, agronomi e così via.

L’articolo 27 in particolare ha sviato con quei 600 euro destinati “ai liberi professionisti titolari di partita iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data”.

In realtà non è così e occorre scorrere il Decreto fino all’articolo 44 del Cura Italia per scoprire che “Al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo denominato “Fondo per il reddito di ultima istanza” volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di cui al presente comma, di una indennità, nel limite di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020”.

Come funzionerà nel dettaglio non è cosa nota: sempre all’art. 44 si legge che “Con uno o più decreti del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell’indennità di cui al comma 1, nonché la eventuale quota del limite di spesa di cui al comma 1 da destinare, in via eccezionale, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria”.

E dire che poche ore prima dell’approvazione del decreto il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori al Presidente aveva inviato al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte una lettera accorata sottolineando come gli architetti “sono certamente tra le categorie professionali che, insieme a molte altre, verranno impattate duramente dall’eccezionalità dei giorni che stiamo vivendo. Pensiamo ai nostri professionisti, ai loro studi, alle migliaia di collaboratori. Non ci possiamo permettere di attendere l’uscita dalla crisi per capire come predisporre mezzi e strumenti di supporto. Sappiamo invece di poter contare sulla Sua attenzione e sensibilità per trovare le strade, fin d’ora, per supportare i nostri iscritti, i professionisti e le migliaia di famiglie che essi rappresentano applicando misure eccezionali concepite per tempi eccezionali. Per questa ragione evidenzieremmo alla Sua attenzione alcuni punti chiave sui quali chiederemmo l’intervento del Governo, in quanto in questa situazione gli studi professionali, per sopravvivere, necessitano di liquidità e conseguentemente è indispensabile che le stesse attenzioni che vengono riservate giustamente alle altre categorie economiche, siano estese anche alle professioni intellettuali”.

Punti chiavi disattesi tanto che il 18 marzo, con una determina d’urgenza, il presidente di Inarcassa Giuseppe Santoro ha stanziato 100 milioni di euro da destinarsi all’assistenza dei liberi professionisti ingegneri ed architetti del Paese.

Nella prossima riunione del Consiglio – dichiara il presidente Santoro – che si svolgerà in videoconferenza il 25 marzo, sigleremo unitamente un provvedimento di estrema importanza poiché, le misure varate dal Governo non sanano affatto le disparità di trattamento tra dipendenti e liberi professionisti, lasciati interamente a carico delle Casse di Previdenza privatizzate. Una discriminazione tra cittadini di serie a e serie b che ci sconcerta e non fa onore a questo Paese”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *