“Signuruzzu chiuviti”: quando in Sicilia si invocava l’aiuto divino per far piovere

Che la siccità sia un problema che riguarda la nostra bella isola, lo sappiamo purtroppo da secoli ma adesso con il cambiamento climatico il problema si è accentuato. Questo “inverno” 2020 è stato davvero tragico, non piove infatti dal 13 dicembre, giorno di Santa Lucia e ancora nel mese di febbraio non si vede l’ombra di una nuvola minacciosa di pioggia. La situazione è grave, se da una parte ci si scatena a scattare il selfie migliore facendo propaganda al “bel tempo”, dall’altra parte c’è una Sicilia che invoca la pioggia perché i campi seminati stanno soffrendo proprio a causa della mancanza di pioggia.

Può capitare ?

La Sicilia che è stata definita la terza isola più bella al mondo, vive da sempre grazie all’agricoltura ed all’allevamento e di questo la storia ne da pienamente atto. Gli anziani di oggi, ci raccontano che negli anni passati (anche nel secolo scorso), sono capitati inverni così caldi e senza pioggia e per tal motivo ci invitano a non preoccuparci perché di tanto in tanto può capitare. Sempre gli anziani però, ci raccontano che nei periodi di siccità, durante il corso dell’anno, erano soliti rivolgersi al parroco del paese per chiedere l’aiuto divino affinché facesse piovere.

Uniti contro la siccità

Agricoltori e allevatori, insieme al parroco e al sindaco (o podestà) a seconda del periodo, si riunivano e prendevano la decisione di esporre il Santissimo Sacramento affinché quest’ultimo provvedesse a far piovere. Prima però doveva arrivare l’autorizzazione del vescovo che preso atto della richiesta, quasi sempre concedeva l’approvazione e così tutto il paese si ritrovava dinnanzi al Sacramento ad implorarlo affinché potesse piovere. Tuttavia l’invocazione non era riservata ai soli adulti bensì anche ai bambini. Questi ultimi infatti erano soliti organizzarsi in grandi gruppi appiedati e andavano girando per le strade dei paesi con la Croce e le immagini di alcuni santi, il tutto accompagnato da alcune preghiere cantate.

“Signuruzzu chiuviti”

In realtà più che preghiere erano una sorta di filastrocche semplici da recitare lungo la processione e che recitavano così: “Signuruzzu chiuviti chiuviti ca i lavureddi su arsi di siti, mannatini una bona senza lampi e senza trona” che tradotto vuol dire “Oh Signore fa che piova perché i campi seminati sono assetati, però mandane una buona senza fulmini e senza tuoni”. E così i contadini attendevano la grazia che di fatto arrivava quasi sempre: chissà, forse chi ci ha preceduto aveva ragione e guardare alle “cose del cielo” è ciò che dovremmo fare, perché è guardando al cielo che la terra da i suoi frutti.

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