Intervista a Padre Bartolomeo Sorge: “un gesuita, un sognatore, un sacerdote, un uomo di Dio”
Il 3 dicembre, presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, verrà presentato il volume dal titolo “Bartolomeo Sorge i Sogni e i Segni di un Cammino” con il contributo di Maria Concetta De Magistris, a cura di Nicola Alessi. Sarà presente l’arcivescovo di Palermo Don Corrado Lorefice.
Padre Bartolomeo Sorge, 90 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, continua a coltivare i suoi sogni e a far sentire la sua voce nel dibattito pubblico.
Biografia
Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1946, nonostante sia uno dei più grandi esperti di dottrina sociale della chiesa, si considera un gesuita, un semplice sacerdote, un uomo di Dio che grida al mondo la bellezza di una chiesa liberante. All’epoca in cui fu direttore della rivista Civiltà Cattolica seguì i lavori del Concilio Vaticano II. Ha sempre coltivato tre sogni: quello di vedere una Chiesa rinnovata, una città fondata sulla Civiltà dell’amore dove vivere uniti nel rispetto delle diversità e il sogno di vivere un cammino di santità. All’epoca in cui fu direttore della rivista Civiltà Cattolica seguì i lavori del Concilio Vaticano II e questo gli permise di aprire i suoi orizzonti. Nel 1985 ricevette la notizia del suo trasferimento improvviso a Palermo in un centro studi sociali dei gesuiti che non decollava. Padre Sorge non visse mai quel momento come un esilio o un allontanamento da parte del Vaticano ma come una scelta strategica in una Palermo reduce dalla morte del Generale Dalla Chiesa. Padre Sorge si rivelò immediatamente un grande esperto in campo politico e fondò il Centro Padre Arrupe in quel centro sociale dimenticato. Divenne così uno dei protagonisti della cosiddetta «primavera di Palermo», un movimento di iniziative civiche e movimenti per opporsi alla mafia. Non pensò mai che la Chiesa dovesse sostituirsi allo Stato, ma si convisse che attraverso la formazione delle coscienze dei giovani e dei cittadini, si potesse diffondere una nuova cultura della legalità, una città a misura d’uomo.
Nel 1997 venne trasferito a Milano dove ricoprì la carica di direttore di due riviste Aggiornamenti Sociali e Popoli.
Oggi Padre Sorge si trova a Gallarate, da dove continua a far sentire la sua voce nel dibattito pubblico, nella stessa comunità di gesuiti anziani in cui ha vissuto il Cardinal Martini, continua a scrivere e a pubblicare libri. Comprendere il cammino della chiesa verso il tanto atteso cammino conciliare rimane per lui un aspetto fondamentale.
Lo abbiamo incontrato.
Padre Sorge lei ha avuto il privilegio di conoscere ben sei pontefici. Giovanni Paolo XXIII, iniziatore del Concilio Vaticano II, quello di Paolo VI, il breve pontificato di papa Luciani, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI il papa teologo e infine Francesco il papa Gesuita. Di ognuno porta dentro un indelebile ricordo,
Cosa ricorda dei vari pontificati che lei ha potuto seguire, dall’ osservatorio privilegiato qual è appunto Civiltà Cattolica.
-Il vero punto discriminante nella storia della chiesa non è stato tanto l’uno o l’altro pontefice quanto il Concilio Vaticano II, una vera Pentecoste che ha dato una nuova linfa alla chiesa, indicando il cammino di rinnovamento lungo due grandi direttrici: ad extra e ad intra.
Ad extra, nei rapporti esterni tra la chiesa e il mondo, la chiesa e lo stato la chiesa e la cultura e il dialogo con le altre religioni, ed un cammino di rinnovamento ad intra cioè un innovazione della stessa istituzione ecclesiastica.
E’ bello vedere come tutti questi grandi pontefici abbiamo mandato avanti l’uno o l’altro aspetto. PaoloVI è stato un papa profeta e guardava al rinnovamento delle istituzioni ecclesiastiche: ha fondato il sinodo dei Vescovi, ha fatto la riforma liturgica. Papa Giovanni Paolo II e papa Ratzinger invece si sono occupati del rinnovamento sopratutto ad extra. Non è che le due cose si possono separare, però la prevalenza è stata questa e quindi tutti hanno compiuto dei passi da gigante in due direzioni che però non sono le stesse, quindi è facile vedere in alcuni Papi la prevalenza della dimensione profetica che riguarda soprattutto il rinnovamento della chiesa come famiglia di Dio nel sacramento nell’annuncio del Vangelo nella pratica Cristiana e gli altri invece che hanno accentuato il rapporto chiesa mondo.
Continuiamo a parlare del post-concilio dei primi entusiasmi che sicuramente non sono mancati, poi sono giunte le difficoltà, le prime crisi. Con il pontificato di Papa Francesco riprende, in un certo senso, il vigore, perché secondo lei il rinnovamento della chiesa ad Intra fa un po’ fatica ad essere portato avanti
C’è uno scontro tra i carismi, doni spirituali che lo Spirito Santo concede e che portano novità nella chiesa, e l’Istituzione. In ogni periodo storico anche nei periodi più bui della storia della Chiesa non sono mai mancati i santi e quei doni e messaggi di grazia che vivificano la chiesa. Per esempio San Francesco d’Assisi 800 anni fa lascia le ricchezze e nudo cerca la povertà. Questo è stato un gesto carismatico, un carisma che metteva in crisi l’Istituzione c’era una situazione Imperiale e si vedeva un ignorante che aveva la forza dello spirito. L’istituzione di natura sua è conservatrice: abbiamo sempre fatto così ! Abbiamo le regole, il diritto canonico, non possiamo mandare all’aria tutto c’è un corpo che ha bisogno di regole, però lo Spirito Santo suscita dei carismi novità nuove di forma religiosa, un nuovo modo di leggere il Vangelo, nuovo modo di evangelizzare. Il tempo cambia è il mondo cambia e la chiesa cammina con il mondo.
Questi santi papi del Concilio sono quelli che portavano novità e mettevano in crisi l’istituzione che era invece la conservazione dello status quo, questa tensione non è fatta per distruggere la chiesa ma per purificarla. In questi anni di Concilio c’e stata una vita profetica che si è scontrata con una tradizione di venti secoli.
Lei è solito pronunciare una frase molto importante per i nostri tempi imparare a vivere uniti rispettando.
In che modo è possibile ridare all’Europa il volto di un nuovo Umanesimo vincendo la paura dell’altro che forse un po’ la politica Salvini oggi a in parte generato.
– Per capire quanto siamo maturi basta vedere come ci comportiamo con i diversi perché se uno è egoista non è una persona matura. Specialmente nel mondo globalizzato se una città è razzista e xenofoba non è una città matura, se una nazione è razzista non è matura. Dobbiamo tener presente che ormai viviamo in un mondo che è diventato una famiglia di famiglie nelle nostre città troviamo tutte le razze, tutte le religioni, tutte le culture non possiamo abitare l’unica a casa comune se non troviamo quello che ci unisce. Giovanni Paolo II parlando all’ONU nel cinquantesimo della fondazione aveva dinanzi a sé credenti, non credenti, musulmani, buddisti, cattolici, protestanti, io ho pensato chissà come farà a parlare a tutta questa gente diversa, e lui ha tirato fuori questo argomento: “In un mondo globalizzato dobbiamo avere un nuovo Umanesimo cioè tutti nord o sud di una civiltà o dell’altra abbiamo scritto nella coscienza una grammatica comune le cui regole principali sono la dignità della persona umana, la solidarietà. Tutti noi abbiamo bisogno di darci la mano, nessuno può affrontare da solo problemi che sono planetari come la pace, l’ecologia. La sussidiarietà è fondamentale responsabilizzare tutti ciascuno secondo le proprie possibilità. Il papa diceva cominciamo a essere uniti in questi pochi valori che sono presenti nella coscienza di tutti gli uomini di tutte le nazioni, e poi andiamo avanti verso dove si può, accettandoci diversi nella diversità che non è un ostacolo ma una ricchezza. Se fossimo tutti uguali sarebbe una grande noia: quindi imparare a vivere uniti rispettandoci diversi.
L’intervista completa
Ascolta l’intervista realizzata da Adele Di Trapani su Radio Spazio Noi inBlu di Palermo: