San Giuseppe Moscati, il “Medico Santo” che curava corpo e anima

San Giuseppe Moscati è stato uno di quei “santi laici” che visse a cavallo di due secoli e vide diversi cambiamenti nell’Italia tra fine 800 e inizio 900. Nato a Benevento, si trasferì a Napoli dove studiò medicina e fu proprio li che iniziò a curare i poveri e chi non poteva permettersi delle cure mediche. Nel 1930 le sue spoglie furono traslate nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli e nel 1987 venne canonizzato da Papa Giovanni Paolo II.

Dalla provincia di Avellino a Napoli

Giuseppe Moscati nacque a Benevento il 25 luglio del 1880 da Francesco Moscati, un magistrato e da Rosa de Luca, dei loro nove figli Giuseppe fu il settimo. Il lavoro del padre Francesco, portò la famiglia Moscati a spostarsi in alcune città per poi trasferirsi definitivamente nel capoluogo partenopeo quando il piccolo Giuseppe aveva quattro anni. All’età di otto anni, precisamente l’8 dicembre 1888, ricevette la comunione nella chiesa delle Ancelle del Sacro Cuore, fondate da Santa Caterina Volpicelli. Così dopo la maturità classica raggiunta con ottimi voti, nel 1897 si iscrisse alla facoltà di medicina dove si laureò nel 1903 con una tesi sulla’”urogenesi epatica”. E così iniziò la carriera del dottor Giuseppe Moscati il quale  lavorò dapprima presso gli Ospedali Riuniti e subito dopo presso quello di Santa Maria del Popolo, detto degli “Incurabili”, dove in quest’ultimo nel 1911 divenne primario.

Tra il Vesuvio e il colera

La Napoli che si presentava all’epoca era una città ricca di storia ma che aveva subito uno shock subito

L’eruzione del Vesuvio nel 1903

dopo l’unità d’Italia, costata cara al sud. Nel 1903 dopo la laurea, il Dottor Moscati corse a Torre del Greco, dove gli Ospedali Riuniti di Napoli avevano una sede distaccata, perché l’eruzione del Vesuvio stava distruggendo tutto. Così riuscì a portare in salvo tutti gli ammalati e proprio quando l’ultimo ammalato fu messo in salvo, il tetto edificio crollò al suolo. Ma i guai non finirono li. Nel 1911 infatti, Napoli venne invasa dal colera che mieteva vittime di giorno in giorno. In quel periodo si dedicò a ricercare la causa della malattia e ai modi per contenerla, non tralasciando mai i suoi pazienti, la libera docenza e la corsia dell’ospedale.

Tra materialisti e credenti

L’ambiente di studio e di lavoro nel quale viveva Moscati era perlopiù materialista e non vi era spazio per la fede. Ma Egli accostava la fede al suo lavoro, sempre, i suoi ammalati prediletti erano i poveri  i quali come diceva: “le figure di Gesù Cristo, anime immortali, divine, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stessi”. Ed inoltre a proposito del lavoro del medico diceva: “non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima, a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore, la carità”. Spesso, era solito intrattenere delle corrispondenze con i suoi colleghi,  amici oltre il lavoro e parlava spesso del dualismo tra scienza e fede così come quando scrisse al suo assistente, il dottor Guerricchio: “Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo, in alcuni periodi; e solo pochissimi uomini son passati alla storia per la scienza; ma tutti potranno rimanere imperituri, simbolo dell’eternità della vita, in cui la morte non è che una tappa, una metamorfosi per un più alto ascenso, se si dedicheranno al bene”. Tra i suoi pazienti ne ebbe anche due celebri, il tenore Enrico Caruso e il Beato Bartolo Longo, quest’ultimo fondatore del Santuario della Madonna di Pompei.

La morte e la canonizzazione

La vita di Moscati fu davvero santa e ricca di avvenimenti degni di nota i quali perlopiù sono stati gesti di

L’immagine del Medico Santo

carità e semplicità. Curava i suoi pazienti ovunque e non prendeva denaro dai poveri anzi ne donava a loro quando poteva e spesso rimaneva con loro ben oltre l’orario di lavoro. Intorno le 15:00 del 12 aprile del 1927, dopo aver ricevuto (come tutte le mattine) l’Eucarestia e dopo una piccola pausa dai pazienti si sedette sulla poltrona dove spesso faceva accomodare i suoi ammalati per visitarli, chiuse gli occhi e morì, colto probabilmente da un infarto. Quattro anni dopo la sua morte, nel 1931 la diocesi di Napoli inizia l’iter per la sua beatificazione e il 10 maggio del 1973 venne dichiarato venerabile. Il 16 novembre 1975, Paolo VI lo ha dichiarato beato e infine il 25 ottobre 1987, durante la VII Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi su “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent’anni dal Concilio Vaticano II”, Giuseppe Moscati venne proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II.

 

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